Sono passati un mese e venti giorni dalla dipartita del mio Nicola, e solo ora, e con grande stra-zio, sto riprendendo in mano le annotazioni e gli appunti presi durante la sua malattia e li ripor-to qui di seguito per rendere grazie al mio Signore ed offrire a Lui il calice strapieno del mio dolore, perché lo dia al Padre pregandolo di accettarlo per la mia famiglia, per gli ammalati, per i peccatori, per i sacerdoti, per la Chiesa tutta.
18 febbraio 1985 – (due giorni dopo il ” verdetto “)
Gesù: “Pina mia, non vacillare perché Io sono in te; tu non sai quale dono immenso, incom-mensurabile, sia avere Dio con te, e tu mi possiedi perché sono Io che ti amo infinitamente, ma Io in che misura possiedo te?”.
19 febbraio 1985
Dopo la santa Messa, mi ero recata dalle suore Orsoline della Circonvallazione Clodia per chiedere alla Superiora di unirsi con le suore alla nostra preghiera per Nicola.
All’ingresso, ho trovato un giovane, tremante di freddo e di paura, che piangeva disperato, mo-strando alla suora della portineria il suo giubbotto, che ladri, durante la notte passata all’addiaccio, gli avevano squarciato per rubargli duemila lire.
Porgeva alla suora una spagnoletta di filo nero ed un ago, supplicandola tra le lacrime di ricuci-re il suo giubbotto.
Ma la sua accorata richiesta indubbiamente suscitava delle difficoltà che la suora cercava di farmi capire.
Io, d’impulso, dissi: Ma è il Cristo, ed inginocchiatami a terra, con grande amore, mi misi a rammendare quel giubbotto.
Indubbiamente lo stato particolare del mio animo che implorava aiuto per il mio Nicola, mi suggeriva una carità così vera; forse in un’altra occasione avrei tacitato la mia coscienza, con un’elemosina più o meno generosa secondo il momento, e sarei passata oltre.
Agivo, offrendo a Dio ogni punto che davo a quello strappo, e, continuamente ringraziavo Gesù per quell’occasione che mi porgeva, mentre il giovane, con una riconoscenza, direi eccessiva, continuava a benedirmi con parole eccezionali:
“Tu sii benedetta per tutta l’eternità, perché hai ricucito il mio giubbotto che gente cattiva mi ha strappato; è il giubbotto che ho comprato con i miei soldi, col mio lavoro; non vergognarti mai di essere cristiana, io ti farò un regalo”.
Voleva che prendessi una sigaretta, dei soldi che aveva e continuava a benedirmi.
Invocava la Madonna come la Madre potentissima del Salvatore e la chiamava:
Maria d’Israele.
Intanto tremava per il freddo e cascava letteralmente dal sonno.
Gli chiesi come si chiamasse, e con grande emozione appresi che il suo nome era Nicola.
Non pensai ad una coincidenza, perché niente è casuale nei disegni di Dio, ma, commossa, sol-levai quest’altro Nicola, figlio anch’egli dello stesso Padre, e me lo portai a casa.
Aveva fiducia in me perché gli avevo messo a posto il giubbotto.
Aveva tanto sonno e tanto freddo, cadeva a pezzi, così gli apprestai un letto in una cameretta al piano terra ed egli s’addormentò di colpo.
Al momento del pranzo, già riposato, mangiò con appetito, e continuava a dirmi che egli non rubava, non era un ladro, che era solo malato e che era scappato dall’ospedale dove l’avevano trattato male e aveva dormito al freddo per due notti.
Nicola, mio figlio, gli regalò un giubbotto di pelle che era soltanto un pò sporco, ed egli, con molta gentilezza, gli disse che lo gradiva, ma che non l’avrebbe messo se prima la sorella Ma-ria non glielo avesse lavato, e che, poi, non l’avrebbe più lasciato perché era più bello del suo.
Voleva raggiungere la sorella a Bagni di Tivoli, ma, nel salutarci, m’accorsi che doveva avere la febbre.
Lo esortai a far presto perché potesse mettersi a letto, ed andò via.
La sera verso le otto e mezzo, tornò a casa nostra: non aveva avuto il coraggio di presentarsi al-la sorella, la quale desiderava che si curasse, e la sera era freddissima.
Sorse qualche perplessità nei miei anche a causa dei condomini del palazzo.
Mia figlia Maria avrebbe voluto accompagnarlo in macchina dalla sorella; telefonammo, ma questa mostrò riluttanza ad accoglierlo, così lo facemmo dormire di nuovo da noi e, intanto, per evitare complicazioni, interpellammo i carabinieri.
Il dolore che provò nel vedere i carabinieri fu grande; lo calmammo, poi si addormentò più tranquillo. La notte per me fu rivelatrice.
Gesù mi fece comprendere fino in fondo come Egli sia nel povero che soffre, nel derelitto che trema di freddo e che ha paura del suo simile, che dorme o meglio che non riesce a dormire nel-le lunghe notti all’addiaccio, ributtato sempre fuori perché indesiderato, derubato dai ladri di passaggio.
Mi sentii colpevole fino in fondo, egoista fino in fondo, straziata fino in fondo.
Ecco perché la nostra preghiera al Padre, il più delle volte, resta senza risposta.
A noi che abbiamo una casa, un letto soffice, che siamo circondati dall’amore, spesso non im-porta se fuori c’è qualche grado sotto zero!
Coinvolsi in questa mia nuova esperienza i miei familiari e decidemmo di tenerlo ancora con noi fino a quando avesse riacquistato fiducia nel prossimo.
Appena si fu alzato esternò il desiderio di andare alla Saub.
Lo pregai di venire a pranzo e lo misi al corrente del nostro desiderio.
Mi promise che sarebbe venuto e, intanto, mi ripeteva che ci avrebbe salvati tutti, ed egli a-vrebbe fatto il miracolo a Nicola.
L’aspettammo a pranzo, l’aspettammo di sera, ma non venne.
Il freddo intenso di quella notte lo sentii tutto, tutto nelle mie membra e invocavo la Madre SS.ma d’aiutare i Suoi due Nicola.
La mattina a Messa sentii Gesù che mi diceva: Non tornerà, è passato come una meteora nella tua vita, perché tu comprendessi cosa sia amare”, e poi: “Tu non sai quanti Nicola ci sono qui a Roma”.
Ora il freddo della notte mi ferisce in modo diverso, mi ferisce il cuore e penso a te, Nicola: ma chi eri tu veramente?
Poco alla volta Gesù mi illumina mettendo in evidenza due punti:
1) Nicola, che accetta il giubbotto di Nicola mio figlio, ma non lo mette se prima la sorella Ma-ria non l’avrà lavato, è Gesù che accetta l’offerta di Nicola mio figlio, ma perché diventi Suo è necessario che Maria sua madre lo lavi, lo purifichi.
2) Nicola che desiderava ardentemente che il suo giubbotto squarciato fosse ricucito è Gesù stesso, ferito nel Suo intimo, perché il nemico, di notte, come un ladro, Gli ha strappato tante anime, tanti figli a Lui cari, e che mi benedice, perché attraverso la mia sofferenza, gli ricucivo quello strappo.
Dimmi la verità, Gesù: eri proprio Tu in quel giovane di nome Nicola?
Sì, altrimenti non m’avresti illuminato successivamente sul vero significato dei suoi atti e delle sue parole.
Soltanto dopo, mi sono resa conto che quel linguaggio era, direi, strano sulla bocca di quel de-relitto: l’esaltazione della potenza di Tua Madre, come a dirmi fidati di Lei, appoggiati a Lei; il benedirmi continuamente per quei quattro punti di rammendo, come a dirmi:
vedi quanta importanza hanno per me i vostri piccoli atti d’amore?
L’insistenza nel dirmi: “Io salverò tutti, io farò il miracolo a Nicola, tornerò e vi porterò un re-galo”, come a dirmi: abbi fede.
Quindi in quella pagina del Vangelo in cui si dice che Tu sei nel povero, nell’assetato, nel car-cerato, ecc., non è solo un’immagine per farci capire l’imperativo di amare il nostro prossimo, ma è la realtà; è così, non è vero, Gesù?
21 febbraio 1985 mattino
Gesù: “La tua fede è come una tavola in un mare in tempesta, i flutti altissimi vorrebbero som-mergerla, ma essa risale subito a galla, perché è sorretta dal mare infinito; da Me, Gesù stesso.
21 febbraio 1985 sera
Gesù: “Tu chiedi conferme come se non ti bastasse la Mia parola (telefonavo a destra e a sini-stra), così facendo mi ferisci; non puoi abbandonarti totalmente a Me che ti amo, e consolare il Mio Cuore triste a cui nessuno più crede, con la tua fiducia?
Tutte le volte che tu mi chiedevi che i tuoi figli tornassero a Me, Io ero felice e ti promisi che ogni tuo desiderio santo sarebbe stato esaudito; offriti al mio disegno d’amore e gioisci fin da ora per la Mia vittoria.
Ti dicevo che la tua fede è come una tavola che sull’acqua galleggia sempre, perché sorretta da Me; c’è in essa anche la tua umanità ferita, ma è sempre come la tavola bagnata continuamente dall’acqua purissima della Mia grazia e della Mia misericordia”.
Gesù, sei l’Amore!
22 febbraio 1985
Fa, o mio Signore, che neppure una parola in più io scriva di quanto è accaduto per Tua esclu-siva volontà.
25 febbraio 1985
Gesù: “In quella casa in cui mi si dà ancora la possibilità di entrare, Io accendo una lampada”.
26 febbraio 1985 – Sera (Venerdì di Quaresima)
In Chiesa, dopo aver seguito Gesù nella Sua dolorosa Via Crucis, mi sentivo oppressa dal dolo-re e lo cercai istintivamente rivivendo alcuni momenti di gioia della mia vita.
“Ricordi, mio Gesù, le nostre corse per le strade del Portogallo, i nostri incontri e la gioia di ri-trovarci?
Gesù: “Sai qual è la differenza tra allora ed oggi? Allora ero Io che rincorrevo la tua anima per donarmi a te, ora sei tu che vieni a Me, portandomi altre anime”.
28 febbraio 1985
Gesù per don Eugenio: “Sacerdote di Dio, tu sei la fontana che zampilla acqua viva a cui tutti possono dissetarsi, ma non tutti in eguale misura; c’è l’assetato che muore, a lui vada la prece-denza assoluta.
Ovunque un mio figlio soffre e lotta, Io e Maria non lo lasciamo mai solo; imitami anche in questo”.
1 marzo 1985 – ore sedici.
Mi trovavo nell’angoscia del Getsemani…
Gesù: “Hai dimenticato troppo presto come per dieci anni, giorno dopo giorno, Io abbia salvato la vita a tuo figlio Filippo, ed ora tremi, come se Io non fossi lo stesso Gesù”.
2 marzo 1985
Gesù: “La Mia parola arriva direttamente a te, dal Mio Cuore, perché cercare altre fonti? Ho bi-sogno della tua fiducia e del tuo abbandono e ti darò più di quanto mi chiedi”.
3 marzo 1985 – ore diciotto.
Gesù: “Povero uccellino impaurito che tremi perché senti l’infuriare della tempesta e dimenti-chi che sei al riparo nel Mio Cuore. Non sai che Io sono Colui che comanda al mare infuriato e dice: “Chetati, e ritorna la bonaccia? Non mi senti vicino?
Non senti la Mia Parola, la sola che può recare pace e certezza? Non merito la tua fiducia?
Eppure sempre ti ho esaudita, sostenuta, salvata.
Amami, amore mio, perché il tuo Dio ti ama”.
9 marzo 1985
Gesù: “Tu pensavi che il miracolo folgorante fosse quello del corpo, ma tu stessa l’hai detto: è il ricreare spiriti nuovi che è più difficile, perché è la volontà libera dell’uomo che vi deve coo-perare.
Comprendi adesso perché non ti ho dato quanto nell’intimo del tuo cuore mi chiedevi:
la guarigione senza operazione?
É il loro cuore che cerco, il cuore di tutti i tuoi figli, solo ad esso Io miro; aiutami, figlia mia, perché non vada perduta tanta sofferenza vostra, ma soprattutto Mia”.
10 marzo 1985
Gesù: “Se tu temi di non aver capito la Mia Parola o d’aver dato ad essa un’interpretazione di-versa dalla vera, dimentichi che Io so quello che nell’intimo del tuo cuore mi chiedi con tanta insistenza; la guarigione totale di Nicola, corpo e anima, anima e corpo, così come per tutti i tuoi figli, e quando ti dico: donami la tua fiducia, abbandonati a Me che ti amo, è proprio que-sta certezza che voglio donarti anzi, che sei stata esaudita.
Donami il tuo cuore, Pina mia, donami la tua piena fiducia e mi ripagherai dell’infedeltà di tan-te anime”.
12 marzo 1985
Riflettevo su pensieri contrapposti.
Gesù: “Distruggi l’immagine di Margherita vissuta nel tempo, perché essa non risponde più al-la realtà del momento; un’anima che ha iniziato in questa vita attraverso la sofferenza la sua purificazione e la continua attraverso una sofferenza d’amore nell’altra”.
17 marzo 1985
Ero nell’angoscia più grande. Gesù: “Nel tuo respiro c’è il Cuore del tuo Dio fatto carne”.
19 marzo 1985
Comunicavo agli altri ogni parola che il mio Gesù mi faceva sentire nell’intimo del cuore…
Gesù: “E` come se Io ti regalassi un vestito fatto apposta per te e tu, invece di tenerlo gelosa-mente, lo regali ad altri”.
21 marzo 1985
Un senso di incertezza mi tormentava; non sapevo se andare o meno dal medico che aveva ope-rato Nicola per appurare se fosse normale quel drenaggio che buttava sempre dalla ferita di mio figlio.
Gesù: “Io che domino i flussi e i riflussi dell’oceano, il movimento dei corpi celesti, l’esistenza di ogni essere, anche quello di animali infinitamente piccoli che vivono una vita nascosta e sot-terranea, pensi che non possa dominare e regolare a mio piacimento, per un fine di amore e di salvezza, il gemere delle ferite di Nicola?
Ricordi cosa dicevo tempo addietro rivolgendomi ad un’anima traviata: puoi tu dirottare un vento impetuoso? Prosciugare gli oceani infiniti o spegnere il sole?
Io sì; Io tutto posso, perché sono Dio”.
29 marzo 1985
“Gesù, mio amore invisibile, all’ondata di dolore, di turbamento, d’incertezza e di mancanza di fiducia che hanno squassato la mia povera e misera anima ieri, Tu vieni oggi, con il Tuo con-forto, la Tua illuminazione profonda, il Tuo perdono comprensivo e generoso”.
Antonella mi chiedeva come mai un Tuo sacerdote aveva assicurato che il miracolo sarebbe stato rapido, mentre si sono invece verificate tante dolorose complicazioni.
Tu, mio Gesù, hai dato a me e a lui la Tua risposta.
Gesù: “Il miracolo è stato rapido, anzi rapidissimo, perché va dal momento in cui è stato accer-tato il male, all’operazione molto difficile, ma riuscitissima, che l’ha completamente estirpato”.
Oggi Nicola non ha più il male, è guarito dal male che non tornerà più ed egli si avvia al com-pleto ristabilimento attraverso una convalescenza che, data la complessità dello intervento, po-trà essere più o meno lunga”.
Perdonami, Gesù, perché non Ti ho saputo dare quella piena fiducia che attendevi da me e che Ti avrebbe ripagato del dolore sofferto per avermi tratto, col Tuo soffrire, dall’abisso profondo in cui ero immersa.
1 aprile 1985
Gesù: “Ti appoggi ad altre anime, mentre hai Me a portata di mano”.
3 aprile 1985 – Venerdì Santo.
La sera al momento della Comunione: “Gesù mio, la sofferenza mi unisce più intimamente a Te, ma è nella gioia che il mio animo vola; ricordi quando a Rocca di Papa, all’uscita dalla Messa, suor Anna Letizia mi dava tra le mani la Teca? Com’ero felice!
Gesù: “Questo momento è più importante, perché la tua sofferenza unita alla Mia, salda tutte le fratture”.
“Gesù, solo quelle spirituali della mia famiglia o anche quelle interne di Nicola?
Tutte le saldi?
Gesù: “Tutte, non mi chiedi anima e corpo?”
Alla sera.
All’uscita dalla Chiesa andiamo a prendere Antonella all’ospedale.
Nel pomeriggio vi era stata Teresa e con Antonella avevano avuto un lungo colloquio di chiari-ficazione. Ma quale angoscia per me! Il rifiuto di mia figlia mi è particolarmente doloroso, quella notte ho vissuto anch’io la mia passione del Venerdì Santo con Gesù.
10 aprile 1985
In seguito alle complicazioni che, man mano, si verificavano nel decorso della convalescenza di Nicola, Antonella, scoraggiata e depressa, fa un passo indietro sul cammino della fede.
Gesù a me per lei: “Non c’è altra strada al di fuori della Mia che conduce alla salvezza.
Se voi portaste Nicola a Ginevra come fu per Rossella, o a Montreal come per Filippo, o inter-pellaste il Centro tumorale di Parigi come per Ugo, la via da seguire è soltanto la mia; le altre non farebbero che allontanarne l’uscita, mentre Io solo, al contrario, posso abbreviarne il per-corso”.
11 aprile 1985 – Ore diciotto.
M’ero recata in un negozio di ferramenta per certi acquisti; il proprietario, che conosce Nicola, mi chiede ad un tratto stranamente di lui.
A mezze parole gli dico cosa fosse accaduto e, al turbamento in lui prodotto dalla notizia, fa eco in me un’angoscia mai fino ad allora provata, come se ad un tratto qualcuno mi avesse strappato dagli occhi un velo che così a lungo mi aveva impedito di vedere.
Arrivo, quasi barcollante in Chiesa, ed, immersa in una comunione profonda con Dio, faccio a Lui la mia offerta totale e completamente consapevole, di Nicola e degli altri miei figli.
Ho provato come già per mio figlio Filippo in altra dolorosa circostanza, lo strappo lacerante nella mia carne; ma Gesù con infinita dolcezza e con argomenti persuasivi mi fa comprendere come offrire i miei figli a Lui, che li vuole salvi nell’anima e nel corpo, sia la cosa più logica che io possa fare, e che, proprio per questo abbandono fiducioso Egli adesso poteva operare de-finitivamente per ristabilire quell’equilibrio infranto dal peccato che tanto male aveva prodotto e nel corpo e nelle anime.
Amore immenso del mio Dio, come ho potuto dubitare di Te che li ami di un amore infinita-mente più grande del mio povero amore limitato e difettoso?
Come ho potuto aver timore di affidarli a Te che sei Padre, oltre che Dio, che sei il solo che ha operato e operi ancora i miracoli e che continui a riscattarci con la Tua sofferenza?
Cos’è la nostra povera sofferenza umana sorretta da Te, la nostra povera fede che Tu solo so-stieni?
Se Tu ci lasci andare, noi sprofondiamo nella disperazione e nel baratro più profondo.
Grazie, o mio Gesù, che mi hai tappato gli occhi, perché io non vedessi, grazie perché mi hai sostenuto continuamente con la Tua parola, grazie per averci affidati a Maria Tua e nostra Ma-dre, grazie per la Tua misericordia infinita, per il Tuo perdono sollecito; grazie, mio Gesù, per il dolore acuto che provo per non esserti stata fedele fino in fondo, mentre Tu mi hai solo dato e continui a dare.
Maria mi dice: “È il mio stesso Gesù che mi ha posto Nicola tra le braccia”.
4 maggio 1985
Il continuo alternarsi della fuoriuscita del liquido dal tubicino di drenaggio, che un giorno ac-cendeva la nostra speranza e il giorno appresso ci ributtava nell’angoscia, aveva esaurito la no-stra resistenza fisica e soprattutto quella psichica; ma, se la mia ancora reggeva perché ancorata a Colui che è vita, vedevo Nicola molto depresso, e temevo soprattutto per Antonella che, ieri sera, avevo visto sull’orlo del collasso.
Ho invocato la Madre, e Lei mi ha riportato al Figlio.
E Gesù: “Tu vedi solo l’esterno del corpo di Nicola, un piccolissimo tubicino che a volte butta e a volte no, ma non vedi l’interno del suo corpo.
Il bisturi ha estirpato il male ma per farlo ha dovuto togliere, ferire, lacerare; oggi è in atto un lento, ma continuo rinnovamento di fibre, di cellule: ferite che si saldano, carne che si ricostrui-sce e tutto ciò sotto il flusso vitale del Mio Amore misericordioso.
Oh, se anche i loro cuori tornassero a Me con lo stesso ritmo lento ma continuo, come tutto sa-rebbe più facile!”.
4 maggio 1985 – Sera
A don Eugenio, che si scusava per non essere potuto andare a trovare Nicola in ospedale, per-ché molto occupato oltre che per il suo gravoso lavoro, anche per altre incombenze del suo mi-nistero, dicendomi che l’importante era la preghiera (ed egli pregava sempre per Nicola ed An-tonella), perché è Dio che opera, Gesù mi illumina facendomi comprendere come l’opera dello Spirito risulta vana su cuori che lo rifiutano e, quindi, è estremamente necessaria l’opera dello strumento che, con la parola, col ragionamento suadente, con la dolcezza e la for-za della persuasione, può aprire una breccia in cuori duri, distratti, egoisti.
E tutto ciò ubbidisce ad un preciso disegno di Dio per cui l’opera dell’apostolo docile, disponi-bile non è altro che Dio che agisce in lui e attraverso lui.
Per farmi meglio comprendere la portata e il valore dell’azione in determinati e specifici mo-menti, Gesù m’illumina con la seguente immagine:
“Supponi di attraversare ponte Milvio, quando t’accorgi che un giovane sta scavalcando il para-petto per annegarsi; d’impulso ti slanci verso di lui e gli impedisci di compiere quel gesto insa-no e lo salvi.
Non sei passata oltre, dicendo che l’Onnipotente avrebbe fatto tutto, anzi non hai avuto neppure il tempo di pregare.
Oh, sì, Io, l’Onnipotente, avrei potuto mandare schiere infinite di Angeli, in soccorso di quell’anima che volevo salvare; ma credi che avrebbero potuto impedire a quel giovane di get-tarsi nel fiume?
Avevo bisogno di te, di te, piccolo uomo, che, obbedendo al mio impulso, ti sei slanciato in suo soccorso impedendo materialmente quel suicidio. Eri tu l’angelo che avevo mandato in quel preciso mio disegno d’amore, da sempre visto e preparato”.
5 maggio 1985
Il giorno appresso don Eugenio andò da Nicola; trovò un cuore restio, una mente terribilmente raziocinante; la sera Antonella me lo riferì e ne provai grande dolore, ma il dolore più grande l’aveva provato Gesù, che me lo comunicò tutto durante la notte.
Sentivo la mia impotenza e l’angoscia non sapendo a chi aggrapparmi.
Pensai subito a Maria, alla Madre, ed ecco come per la prima volta, illuminata dal di dentro, compresi il valore della parola Madre: Madre di entrambi, di Gesù e mia; io e Gesù uniti in Lei da un vincolo di sangue oltre che di fede.
Alla gioia immensa e alla speranza scaturita da questa constatazione si contrappose però la ri-velazione di un’altra verità, da tempo adombrata: con la sua perfidia, astuzia ed intelligenza perversa, il nemico aveva voluto colpire la madre, me, per colpire i miei figli, distruggere me per distruggere loro uno per uno.
Ingoiai il dolore scaturito, vivo e sanguinante da questa considerazione, l’offrii a Gesù, perché lo utilizzasse e passai al contrattacco.
Telefonai a Maria Pia a Torino, che stava partendo per una giornata di preghiera alla grotta dell’Immacolata di Ulzio. La supplicai d’intercedere per me.
La sera, al ritorno, mi comunicò che aveva pregato intensamente assieme ad altri; lo stesso a-veva fatto don Gernio di Pescara da me interpellato.
6 maggio – Lunedì sera.
Momento di grave prova in ospedale; Nicola è a terra, per la prima volta rifiuta il cibo;
avevano sbagliato terapia, bisognava ricominciare tutto da capo;
Antonella è a pezzi, ha la febbre, si ribella, non vede una via d’uscita.
7 maggio 1985
Ma c’è Lei: la Madre!
Oggi, martedì il medico con umiltà si scusa, confessa d’avere sbagliato.
Nicola si rasserena, accetta con rassegnazione la prospettiva di una soluzione a lungo termine, anzi pensa d’utilizzare questo tempo, ritornando allo studio, e Maria, mia figlia si reca all’Università per informazioni.
Al pomeriggio Nicola mi dice: “Non so cosa è, ma sento di essere pervaso da una gioia strana”.
8 maggio 1985 – Festa della Madonna del Rosario di Pompei.
Il dolore, angosciante e quasi impotente, che Gesù mi aveva manifestato l’altra notte in seguito al rifiuto del Suo amore da parte di Nicola, e che m’aveva spinto ad aggrapparmi a Maria, la Madre, ultima speranza, come l’avevo definita in un mio scritto di qualche tempo addietro, stamani suscita in me degli interrogativi:
“Gesù, perché, se sei Tu il potente, e se Lei deve implorare Te ed il Padre per essere esaudita, mi rimandi alla Madre? Lei può, forse, arrivare là dove Tu non puoi arrivare?”.
Ebbi paura d’aver formulato una domanda molto azzardata e me ne stetti buona, buona in attesa che la luce si facesse strada nella mia povera mente.
“Gesù, l’Uomo-Dio, mentre da una parte col suo Sangue può riscattare tutti i peccati commessi dagli uomini di tutti i tempi e soddisfare così la giustizia del Padre, come Figlio del Padre e Dio stesso, non può permettere che il peccatore protervo ed incallito possa, col suo rifiuto, conti-nuare ad offendere la dignità stessa di Dio e si erge a Sua difesa, ed il Padre, si erge, a sua vol-ta, in difesa del Figlio, perché non può permettere che il Sangue del Suo dilettissimo Gesù ven-ga oltre ogni limite oltraggiato.
E sul protervo, che da se stesso vuole uccidere la sua anima, scende la parola terribile di Dio: basta!
Ma Maria, no. Ella ha una sola esigenza: difendere la Sua maternità che le fu conferita nei ri-guardi di tutti gli uomini, dall’alto della Croce, dal Suo Figlio morente, sancita dal Sangue di Lui, maternità richiestale dal Padre stesso; ha tutto il diritto di implorare il perdono, la salvezza di questi suoi figli caduti in disgrazia a causa dei peccati.
Così l’implorazione di Maria ritorna al Figlio, ritorna al Padre, ritorna allo Spirito, i quali non possono negargliela: ecco perché Maria è il dono più grande che Dio abbia fatto agli uomini: Ella è la Madre, la sola che può salvarci; l’ultima speranza, l’ultima spiaggia!
Certo, sei sempre Tu, o mio Gesù, Potentissimo, che salvi, è sempre il Padre, Misericordiosis-simo, che concede, ma solo, attraverso Maria a cui nulla è possibile negare, perché Madre, per-ché Figlia, perché Sposa amorosissima e fedele.
Grazie, o mio Gesù, del dono che ci hai dato, dandoci Maria.
10 maggio 1985
Gesù mio, poco alla volta Tu mi riveli Te stesso, il Tuo amore infinito nei miei riguardi, e il mio spirito resta preso, avvinto, umiliato e tremante, nel constatare quale posto occupa nel Tuo cuore questo piccolo, inutile e spesso infedele granellino di polvere. Tu, mi hai amato, non solo col Tuo amore infinito di Dio, ma col cuore di un Dio fatto carne, con tutta la Tua umanità.
E mentre, da una parte, con dolce rimprovero, mi spingevi ad un abbandono più completo, e mi esortavi a credere solo alla Tua parola, perché parola di Dio, quindi solo essa veritiera, dall’altra comprendevi ed avevi pietà della mia povera umanità che cercava conferma nella vo-ce di un mio simile, conferma umana alla parola di un Dio!
E Ti sei umiliato anche a questo, pur di sorreggere la mia povera fede e attraverso il Tuo sacer-dote, don Gernio, mi davi conferma di Te fino a dirmi:
“Anche don Gernio è un mio dono”.
Oh, mio Gesù, perché mi ami tanto? Non t’accorgi che la mia anima, dopo tanto tempo, è anco-ra così greve, così opaca, così immersa nelle tenebre?
So che è lungo il cammino; forse Maria, la Madre può aiutarmi a fare più in fretta, se mi desse almeno umiltà, Lei che è la tutta umile!
Come posso renderti testimonianza e glorificarti con quello che ho scritto, se sento in me sottile e insinuante il compiacimento e l’orgoglio? È un timore che mi assilla.
E se anche questo timore fosse un inganno per non aiutare chi come me lotta per uscire dall’angoscia?
14 maggio 1985
Gesù: “Io ho trovato dimora nel tuo cuore, ma non mandarmi via dopo che mi hai dato asilo”.
È vero, Gesù, sei Tu che bussi attraverso il povero e il derelitto, sei sempre Tu che implori aiu-to e pietà mentre il mio cuore egoista si chiude alla minima difficoltà; il riferimento a quanto mi è accaduto nei confronti di quel Nicola che aveva bussato alla mia porta, è troppo chiaro, e io ti supplico di venirmi in aiuto con la Tua voce, ma soprattutto col Tuo perdono pietoso.
14 maggio 1985 – Festa del Sacro Cuore
La sera prima Antonella era a terra e non riuscivo a tirarla su; ero anch’io tanto depressa.
La notte si era stabilita tra la mia anima e Gesù una dolce e pacata intimità; era un colloquio semplice ed illuminante, al ricordo di quando, tre anni addietro, a Rocca di Papa, nella ricor-renza appunto della festa del Sacro Cuore, mi trovai in adorazione nella cappelletta delle suore tedesche, Lo ringraziavo di tutti i doni che mi aveva fatto, ed Egli:
“Ringraziami soprattutto perché ho scelto te a mia dimora”.
Ma il nostro colloquio continuava.
Gesù mi faceva presente come fosse necessario impedire che iniziassero, così come avevano progettato i medici, una terapia, quella del cobalto, che sarebbe stata così devastante su Nicola, il cui corpo era perfettamente sano. Non ci avevo ancora pensato.
Era ancora un’altra conferma del miracolo già avvenuto e mi sentivo invadere dalla gioia; ma come fare?
Oh, sì, Gesù, il potente può far tutto, ma ha anche bisogno di noi, della nostra collaborazione.
Gli chiedo cosa potevo fare io, piccolo granellino di polvere, ed Egli mi dice che dovevo parla-re col chirurgo facendo leva sulla di lui fede, e mi illumina anche su quello che avrei dovuto dirgli. La mattina, piena sempre di gioia, chiedo conferma a don Eugenio, e poi, all’una e mez-zo a don Gernio.
Quale non fu il mio stupore quando don Gernio non solo me né dà conferma, ma mi dice che avrei dovuto parlare col chirurgo dopo la seconda operazione e dirgli testualmente:
“È don Gernio che le chiede questo”.
Domando se conosce chi sia il chirurgo e mi risponde di no, ma che egli avrebbe pregato per-ché tutto questo si realizzasse.
16 maggio 1985 – Lettera non spedita
Egregio P…,
faccio leva sulla stima e l’amicizia che la lega al P… ed anche A…, tanto affettuosa e cara nei miei confronti, per poterle esternare tutto intero il mio pensiero e la mia perplessità.
Lei P., ha operato mio figlio Nicola di un male di cui conosce più di me la gravità, ma dalla in-finita misericordia del Signore questo male è stato totalmente estirpato e non tornerà più, per cui oggi il corpo di mio figlio è un corpo sano.
So che presto inizierete la cobaltoterapia e la chemioterapia, ma se Lei fosse certo che mio fi-glio è guarito totalmente lo sottoporrebbe a questo trattamento che è, come un vero bombarda-mento con tante conseguenze deleterie per il suo organismo?
Capisco la sua perplessità e come l’uomo di fede sia in contrasto con lo scienziato.
Ma io so per fede che mio figlio è completamente sano e faccio appello alla sua fede.
Don Gernio la esorta espressamente a credere e mi ha detto di dirle testualmente:
“Don Gernio le dice di non fare questa terapia”.
Io m’affido alla potenza del mio Signore, il quale tutto può, anche illuminarla al riguardo.
Le sono infinitamente grata. Pina Reina.
23 maggio 1985
Aspettavo in ospedale che Nicola uscisse dall’infermeria e nell’attesa pregavo la Madonna, la Madre; riandavo alla frase che avevo scritto il giorno 5 maggio:
“Maria, Madre di entrambi, di Gesù e mia; io e Gesù uniti in Lei da un vincolo di sangue, oltre che di fede”. Ma che significava tutto ciò?
La luce, poco alla volta, rischiara le tenebre della mia povera mente e ne ho la spiegazione.
Come nei miei figli scorre il mio stesso sangue e per mezzo di esso loro sono uniti a me, che li ho generati, e sono uniti tra loro dal mio stesso sangue tanto da essere chiamati consanguinei, così in Gesù scorre lo stesso sangue di Maria, e poiché nell’Eucaristia Egli ci nutre della Sua Carne e del Suo Sangue, ecco che per mezzo di Esso siamo uniti a Maria in un rapporto non so-lo di maternità spirituale, ma anche di maternità reale e fisica.
24 maggio 1985 – Terzo anniversario della morte di Margherita
Gesù: “Amala; se non lo fai, ti allontaneresti dall’amore, perché Io sono l’amore”.
1 giugno 1985
Mi aveva riafferrato l’angoscia…
Gesù: “Anche se la terra dovesse esistere per diecimila anni ancora, se l’uomo dovesse dare la scalata a tutti i pianeti dell’universo, e il sole dovesse riscaldare la terra ancora per tanto tempo, tutto finirà. Ma la Mia Parola durerà in eterno”.
3 giugno 1985
L’angoscia di Antonella, ed oggi anche quella di Nicola, mi turba e poiché sento che la mia fe-de è fragile, prego davanti a Gesù Eucaristia, perché Egli la sostenga e la rafforzi, ed invoco anche Maria, la Madre, perché mi dia la Sua stessa fede.
Gesù: “Non ti dicono niente il mio cuore squarciato, le mie ferite alle mani e ai piedi, la mia fronte trapassata da spine lunghe e pungenti?
Non t’accorgi di quanto ti ho amata e di quanto ti ami?
Puoi dubitare del mio amore? Il mio stesso sangue scorre nelle tue vene, amor mio, siamo una cosa sola con mia Madre, e il Padre ci guarda.
Non temere, appoggia la tua testa sulla mia spalla e ti sentirai forte”.
21 giugno 1985
Già, da qualche giorno, Gesù m’illuminava circa la terapia di Nicola e, a sprazzi, mi faceva in-travedere la via che avrei dovuto seguire.
Stamani ero andata alla Messa delle ore sette e pregavo intensamente perché Gesù mi aiutasse e m’indicasse la strada.
E Gesù: “Delle vostre fedi né farò un fascio e le offrirò al Padre”.
Dunque avremmo dovuto prendere una decisione collettiva, assumere una responsabilità co-mune, facendo affidamento soltanto sul mio Signore, sulla Sua Parola e sulla nostra povera fe-de?
29 giugno 1985
L’interpretazione delle parole di Gesù: Farò delle vostre fedi un fascio e le offrirò al Pa-dre, era quella data da me?
Poco alla volta mi sono resa conto che era una strada difficilissima da seguire.
Anche se fossi riuscita a convincere mio marito, i miei figli Laura e Filippo, lo stesso non avrei potuto con Antonella, con Teresa e Maria.
Interpello don Eugenio, il quale mi dice che assolutamente era sbagliato pensare in quel modo e che Gesù chiedeva solo fede ed abbandono.
Chiedo conferma a don Gernio, il quale mi dice la stessa cosa; dovrò parlare col chirurgo e poi aspettare che Gesù operi.
Intanto apro a caso il libro di una mistica francese e Gesù m’illumina ulteriormente.
“La decisione sarà presa in extremis. Io proverò la tua fede; se dubiterai Io sarò tristissimo, in verità ti dico che le anime sante piangeranno di gioia e gli increduli cadranno in ginocchio”.
9 luglio 1985
Ricordo le parole di Gesù del 29 marzo ‘85: “Il miracolo è stato rapido, anzi rapidissimo, per-ché va dal momento in cui è stato accertato il male all’operazione molto difficile, ma riuscitis-sima che l’ha completamente estirpato.
Oggi Nicola non ha più il male; è guarito dal male che non tornerà più “.
Ciò sembrerebbe in contrasto col risultato di ieri dell’esame istologico.
Ma Gesù questa mattina mi illumina con questa immagine.
“Pensa ad una lampadina completamente efficiente, quindi capace d’accendersi e illuminare, ma poiché è stata disinnescata la corrente, essa non è più in grado di dare luce.
Così è di quel residuo, contaminato in se stesso, ma incapace di nuocere in quanto privato della forza vitale che l’alimentava, eppure tanto necessario perché sia ripristinato il naturale e perfet-to funzionamento dell’intestino.
14 luglio 1985
Mi abbandonavo all’idea che fosse desiderabile il rinvio del secondo intervento, forse per il bi-sogno di una pausa…
Gesù: “Abbandono totale, ma vigile, pronto a registrare tutte le Mie ispirazioni, tutti i movi-menti della grazia, che non si trasformi in adattamento, in apatia ed inerzia, ma amore costante, fede sempre più viva, preghiera ininterrotta.
Così ti voglio, figlia mia, come un cero sempre acceso, che bruci ai Miei occhi donandosi, mentre a te Io continuamente mi dono, affinché la Mia gloria e la Mia vittoria sia completa”.
15 luglio 1985
Gesù: “Ho bisogno di te, vedi?
Tutti coloro che non credono, o credono poco, sono squassati dall’angoscia, quelli che credono aspettano il compimento del miracolo per essere liberati dal dolore che diventa incubo, prodot-to da un’attesa che si prolunga; il chirurgo potrebbe dimenticare i suggerimenti dello spirito… Gli ultimi dolori del parto sono i più forti, ma sono quelli che preludono alla liberazione e alla gioia, perché è una nuova vita che nasce”.
Oh, amor mio infinito, prendi Tu il timone della mia povera barca che fa acqua da tutte le parti, e portala al più presto in porto sicuro.
17 luglio 1985
Preoccupata per l’evolversi della situazione avevo chiesto un appuntamento al chirurgo, e ci siamo incontrati, io e mio marito, nel suo studio privato.
L’ho trovato cordialissimo, pronto ad ascoltarmi; ho avuto di lui un’ottima impressione.
Volevo convincerlo a non eseguire il secondo intervento, o, quanto meno, a rinviarlo in attesa dell’esito di eventuali altri accertamenti, facendo leva sulla sua fede di convinto cattolico a tutti ben nota. Egli mi promise che avrebbe rivisto Nicola il venerdì o il lunedì successivo.
Il colloquio è stato turbato dalla presenza di Teresa; la sua grande angoscia generata da una fe-de molto razionale, spingeva il mio sforzo di fede verso la sponda opposta.
18 luglio 1985
Durante la notte Gesù mi illumina facendomi comprendere come fosse necessario ristabilire un equilibrio, un pò compromesso e mi spinge verso don Eugenio il quale essendo il mio Direttore Spirituale, oltre che Sacerdote, potesse testimoniare in mio favore.
Chiedo conferma a don Gernio, e la mattina mi reco al Vicariato da don Eugenio.
Lo trovo meravigliosamente disponibile e si offre d’andare dal Professore prima ancora che io glielo chieda. Lo stesso pomeriggio ha con il Professore, un colloquio durato più di mezz’ora.
Il Professore, anima sensibilissima d’apostolo, non trova difficoltà a credere al miracolo, ma ha un’etica professionale da rispettare, specialmente nei confronti della sua équipe: vuole la con-troprova per non intervenire. Ci esorta a pregare.
19 luglio 1985
Fin dal mattino invoco l’aiuto della Comunione dei Santi; telefono a San Colombano alle suore di clausura carmelitane, telefono a Lourdes e suor Lucy mi esorta a far bere a Nicola molta ac-qua miracolosa della grotta di Oulx; telefono alle suore Dorotee, e ad altre anime predilette, sensibili e generose.
1 agosto 1985
Gesù: “Com’è detto nell’Antico Testamento, affinché il mio popolo potesse attraversare a piedi asciutti il Mar Rosso, comandai alle acque di dividersi e formare due grandi muraglie, ed allora non ero ancora venuto sulla terra, né c’era mia Madre che continuamente implora per voi, Sono ancora Io che mi offro di continuo al Padre per voi”.
4 agosto 1985
Purtroppo nonostante le mie preghiere i medici decisero di eseguire il secondo intervento.
Sono delusa ed angosciata per l’esito negativo dell’operazione e Gesù: “Forze perverse, hanno impedito il realizzarsi del mio disegno d’amore.
Avrei potuto annientarle, ma il bene che sarebbe derivato da questa sofferenza prolungata era talmente grande che ho preferito, per il vostro bene, di non intervenire.
Il mio disegno d’amore abbraccia un orizzonte molto più vasto, questo episodio è solo un punto oscuro che era necessario attraversare”.
6 agosto 1985
Gesù: “Se nel miracolo è Dio che opera, il miracolo è continuo, perché Dio continuamente ope-ra”.
Alla Messa delle ore sette, alla Comunione, Gesù mi dice: “Non una delle Mie parole che tu hai segnato andrà smarrita, perché ogni Mia parola è vera perché è eterna”.
12 agosto 1985
Gesù: “Non puoi abbandonare Nicola che oggi più che mai ha bisogno della tua fede, della tua preghiera continua, sarebbe come tradirlo e se lui si lascia andare, tradisce tutti voi, se voi vi lasciate andare, tradite lui”.
12 agosto 1985 – ore 12,56
Gesù mio, come farò a sostenere la loro fede se la mia vacilla?
Gesù: “Sii ancora la mia lampada che illumina, fuoco che riscalda, certezza che sostiene. Io ti sono sempre vicino, non ti abbandono mai, tu sei il mio piccolo Tabernacolo vivente. Il mio cuore soffre tanto, Gesù, vienimi a soccorrere, guarisci presto il mio Nicola; come Pietro ti grido: non vedi che affoghiamo?
Oh, sì, conosco la tua risposta alla quale io replico: Signore accresci la mia fede.
19 agosto 1985
Gesù …”Stanno curando le ferite inferte dal nemico.
Ora nessuno potrà più fargli del male, perché Nicola m’appartiene.
Le sue sofferenze di oggi sono le rifiniture perché la sua anima diventi più bella”.
21 agosto 1985
Pochi giorni prima della fine, ancora sperando, mi rivolgo al Padre, con un ardore mai provato; e il Padre: “Ci sono due soluzioni, prendere Nicola adesso perché mi lodi in eterno, oppure la-sciarlo ancora in vita, perché mi testimoni e mi lodi qui; sono entrambi due atti d’amore”.
22 agosto 1985
Nicola aveva espresso il desiderio di avere don Eugenio; voleva confessarsi.
Don Eugenio era nella sua casa a Ladispoli e non fu facile rintracciarlo, non conoscevamo né l’indirizzo, né il numero telefonico, e neppure i familiari ci furono di grande aiuto; avevamo solo qualche punto di riferimento.
Partimmo io e mio marito in macchina e riuscimmo a trovarlo ed a portarlo con noi da Nicola.
23 agosto 1985 – Chiesa di S. Angelo in Pescheria
Comunità di carismatici in preghiera
Gesù: “Io che ho guarito la sua anima, pensi che non potrei guarire il suo corpo?”.
24 agosto 1985
Ancora questa sera mi dici questo, Gesù mio? Oh, sì, mio Signore, Tu puoi guarire sempre, se vuoi, e qualsiasi momento è per Te buono.
Vieni in nostro soccorso, Gesù, salvaci, perché Tu puoi tutto.
26 agosto 1985
Don Eugenio, diretto in Calabria, passò a salutare Nicola; lo trovò assopito e stava per andare via, ma Nicola si svegliò e nel vederlo, tutto illuminato da un sorriso, esclamò:
Oh, Eugenio, che grande regalo mi hai fatto!
Antonella, presente, con dolce rimprovero gli disse: “Nicola, neppure per me mostri tanta gioia”.
Appresi poi da don Eugenio che Nicola gli aveva chiesto se la sua sofferenza sarebbe stata davvero utile alla sua famiglia ed agli amici.
“Sì Nicola – gli rispose don Eugenio – anche ai sacerdoti, anche a me”.
Quindi anche negli ultimi istanti della sua vita questo dubbio ha tormentato il suo animo.
28 agosto 1985 – Morte di Nicola
Gesù ci aveva davvero bendato gli occhi e non ci siamo resi conto, fino all’ultimo istante, che il nostro Nicola moriva.
Alle cinque del mattino mia figlia Maria, che l’aveva assistito durante la notte, ci telefona ango-sciata per dirci che un medico chiamato d’urgenza, le aveva chiesto come mai non ci fossimo accorti che Nicola era agli ultimi istanti.
Ma la mia fede nella parola di Gesù era ancora salda e urlavo dicendo che non era possibile. Non mi sono arresa che alla fine.
L’agonia è stata serena; ricordo, una ad una tutte le parole di Nicola.
Gli dico: “Gesù mi ha promesso che ti salverà”.
“Si, mamma, anche a me l’ha promesso. Mamma, scaccia quei quattro cagnacci, dietro a me c’è un tronco di quercia; cosa c’è questa sera per cena?”.
E poi, ad un tratto, il suo viso s’illumina in una maniera meravigliosa, alza le braccia in alto e sorride ad una visione che si rivela a lui solo.
Il padre pensa che sorrida a lui e forse vuole dirgli qualcosa, ma il suo sguardo è rivolto in altra direzione. Dopo pochi istanti la fine.
Al nostro grido di dolore e di strazio s’aggiunge il pianto degli infermieri ed uno di essi grida: “Non chiamatelo Nicola, ma San Nicola, perché è un santo”.